Molti anni fa erano parecchi i pediatri che sconsigliavano i genitori di mandare il proprio bambino al nido, con la motivazione che si sarebbe ammalato troppo spesso. Cosa certamente vera, ma la cui importanza è soverchiata da molte altre considerazioni.
La prima è che infezioni frequenti nei primi anni “allenano” le difese immunitarie e proteggono da infezioni negli anni successivi.
La seconda è che, probabilmente per lo stesso motivo, le infezioni frequenti nei primi anni costituiscono un fattore protettivo (parziale) per non poche patologie croniche: asma, diabete e addirittura leucemia.
La terza è che la frequenza di un nido è un fattore facilitante lo sviluppo di competenze sia sul versante cognitivo che socio-relazionale, e questo soprattutto quando il contesto familiare non assicura ricchezza di apporti educativi, come confermato da una larga messe di studi e anche da una recente indagine effettuata in Italia, che ha indicato tra i determinanti delle competenze in bambini di 4 anni proprio la frequenza di un nido (o di una classe primavera).
La quarta è che un servizio educativo, dove esistono delle regole e dove c’è la possibilità (e il dovere, ovviamente tenendo conto dell’età dei bambini e quindi con approcci pedagogicamente appropriati) di preparare i bambini a comprenderne il significato, è un fondamentale presidio del convivere civile: nei nidi, e poi nelle scuole dell’infanzia, in condizioni di normalità e ancor più in condizioni di emergenza.

 

Medico e Bambino 

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AL NIDO, OGGI PIU’ CHE MAI