È importante distinguere se il bambino vive un disagio emotivo che meriterebbe di essere approfondito o se invece ci si trova di fronte alle “normali” fatiche dello sviluppo psicologico
Nei primi anni di vita i bambini vivono situazioni che comportano un sovraccarico emozionale: alcune di esse rientrano nelle “normali” fatiche dello sviluppo psicologico (ad esempio, separarsi da mamma e papà per l’inserimento al nido), mentre altre sono più difficili da gestire (come le tensioni derivanti da una crisi tra i genitori) e ogni bambino può reagire in maniera diversa.
Saper valutare il disagio
Come si può stabilire, allora, se il comportamento di un bambino – ad esempio l’aggressività di Andrea, che ha iniziato a mordere una sua compagna più piccola e al quale è appena nata una sorellina – segnala la sua gelosia o se invece dipende da altro e non ha a che fare con il nuovo arrivo in famiglia? Come evitare il duplice rischio di sottovalutare quel comportamento o, al contrario, di sopravvalutarlo?
I campanelli di allarme
Per poter parlare di un disagio emozionale significativo è necessaria la presenza di specifiche condizioni. Il comportamento problematico, infatti, deve avere determinate caratteristiche, ad esempio: è persistente nel tempo (con una durata di almeno sei mesi); interferisce con il normale funzionamento quotidiano (ad esempio accessi di rabbia che ostacolano il rapporto con gli altri); ha una certa intensità (variabile dall’assenza di reazioni a manifestazioni eccessive).
Un Pediatra per Amico